Il
libro America Latina - Il risveglio di un continente edito da
Feltrinelli è una raccolta di appunti e discorsi di quell'invidiabile
spirito rivoluzionario che fu Ernesto Guevara detto "Che". Il primo
brano che propongo è una delle tante speculazioni antiamericane che si
ritrovano dappertutto negli scritti e nei discorsi di Che Guevara. Aveva
ragione, proprio tanta ragione ad avercela con l'imperialismo
statunitense e i suoi monopoli. Guardate il mondo di oggi! Siamo noi,
cittadini-consumatori che rendiamo possibile la sopravvivenza artistica
di personaggi come Lady Gaga, Rihanna e compagnia bella. Siamo ancora
noi che ci vestiamo in serie t-shirt, shorts e Converse; che pendiamo
dalle labbra di Steve Jobs per sentire le ultime novità tecnologiche che
crediamo ci cambieranno la vita; che facciamo la coda ai McDonald's
pagando un menù cancerogeno lo stesso prezzo di pizza e birra; che
beviamo più Coca Cola che acqua; che diciamo: «l'inglese è più musicale!».
Qualcuno ci salvi! Qualcuno scateni una rivoluzione culturale, perché di questo tipo di rivoluzione c'è bisogno oggi.
Il
secondo brano che posto sotto, è invece una lettera che Ernesto scrive
da un carcere messicano ai suoi genitori in Argentina. Le poche righe
della missiva sono molto belle perché denotano una grande forza d'animo e
una passione per la rivoluzione che sono solo da invidiare.
Il piano Marshall, il piano Eisenhower e altri piani
(Pubblicato sulla rivista “Verde Olivo”, 17 giugno 1960)
Marshall
era un generale nordamericano. Rappresentava ciò che rappresentano
tutti i generali nordamericani nella politica nordamericana, che
consiste nel difendere gli interessi dei monopoli nordamericani contro
tutti i popoli del mondo, compreso quello nordamericano.
È
accaduto negli anni immediatamente successivi all'ultima guerra
mondiale, con tutti i paesi dell'Europa liberati dal nazismo,
tragicamente impoveriti. Milioni di dollari nordamericani vennero
seminati nei paesi affamati, per ritornare, prima o poi, nelle casse dei
grandi monopoli, e rendere schiavi degli Stati Uniti tutti i popoli.
Passati
alcuni anni, un altro generale assume un'importanza decisiva nella
politica nordamericana: si chiama Eisenhower. Di lui si dice che sia un
grande giocatore di bridge, che al golf, e anche che ha un piano. Il suo
piano, studiato dalla sua testa, o forse con quella di qualcun altro,
non è un piano che riguarda i campi di golf, o le regole del bridge, è
un piano per il Medio Oriente, ed è destinato a garantire i campi di
petrolio, in possesso di certi monopoli, la cui influenza è conosciuta a
Cuba: i petrolieri.
Questi
sono i piani dei generali; esiste, tuttavia, per l'America Latina, un
piano nuovo, così nuovo che il nome del suo autore si pronuncia
ufficiosamente solo nei gruppetti di sapientoni della politica
internazionale, e si mormora che vi si sta applicando con molta cura.
Il
piano di questo girofalco dei monopoli consiste semplicemente nel
mettere in piedi un'impalcatura che ponga sullo stesso piano Trujillo e
Fidel Castro, Repubblica Dominicana e Cuba. Una volta equiparati, una
volta intervenuta la OEA, messo ordine, costituito il precedente, dopo
aver isolato, strangolato e forse distrutto Trujillo, le furie di tutti
paesi cadrebbero sulla povera Cuba [...].
Segue
il secondo brano. Dopo aver letto questa professione di fede
rivoluzionaria ti manca un po' il respiro perché ti assale il dubbio di
non essere un idealista, un utopista anche tu. E senza ideali, senza
utopie l'uomo non è nient'altro che un animale non come gli altri, ma
ancora di meno. Infine ti fai coraggio, ti sussurri Hasta la victoria siempre! e ti riprometti che da domani sarai un rivoluzionario migliore.
Lettera ai genitori
Città del Messico, 6 luglio 1956. Carcere di stato
Cari genitori,
ho
ricevuto la tua lettera (papà) qui nella mia nuova e graziosa magione
di Miguel Schulz, insieme alla visita di Petit chi mi ha raccontato
delle vostre preoccupazioni. Vi racconterò quello che è successo
affinché ve ne facciate un'idea.
Tempo
fa, ormai ne è trascorso molto, un giovane leader cubano mi ha invitato
a fare parte del suo movimento, un movimento di liberazione armata
della sua terra, ovviamente ho accettato. Completamente dedito al
compito di preparare fisicamente la ciurma di ragazzi che un giorno o
l'altro avrebbe dovuto mettere piede a Cuba, ho trascorso gli ultimi
mesi raccontandovi la bugia del mio incarico di insegnante. Il 21 giugno
(mancavo da un mese dalla mia casa di Città del Messico, perché ero in
un rancho vicino alla capitale)
Fidel è stato fatto prigioniero con un gruppo di compagni e a casa sua
hanno trovato il nostro indirizzo, così siamo caduti nella retata. Sui
documenti figuravo come studente di russo, e ciò è stato sufficiente
perché mi considerassero una pedina importante dell'organizzazione, e le
agenzie di stampa amiche di papà hanno cominciato a ruggire in tutto il
mondo.
Questo
è un riassunto degli avvenimenti passati; quelli futuri si dividono in
due, quelli mediati e quelli immediati. Di quelli mediati vi dico: il
mio futuro è legato alla Rivoluzione cubana. O trionfo con lei o ci
muoio. (È questa la spiegazione di una lettera un po' enigmatica e
romantica che ho mandato in Argentina un po' di tempo fa). Del futuro
immediato ho poco da dire perché non so che cosa mi succederà. Sono a
disposizione del giudice e probabilmente mi farà rimpatriare in
Argentina, a meno che non riesca a ottenere asilo in un paese più
vicino, il che, credo, sarebbe meglio per la mia salute politica.
In
ogni caso devo affrontare il nuovo destino; sia che io resti in
prigione sia che ne esca libero, Hilda tornerà in Perù, c'è un nuovo
governo che ha concesso l'amnistia politica. Per ovvi motivi scriverò
meno lettere: la polizia messicana ha la simpatica abitudine di
leggerle, perciò per favore scrivete solo cose di famiglia, banali. Dai
un bacio a Beatriz, spiegale perché non le scrivo e dille che per adesso
non si preoccupi di mandare giornali.
Stiamo
per dichiarare uno sciopero della fame a oltranza per gli arresti
ingiustificati e per le torture cui sono stati sottoposti alcuni dei
miei compagni. Il morale di tutto il gruppo è alto. Per adesso
continuate a scrivere a casa.
Se
per una qualsiasi ragione, ma non credo, non potessi più scrivere a mi
capitasse di perdere, considerate queste righe un saluto, non molto
magniloquente ma sincero. Ho trascorso la vita alla ricerca della mia
verità e ormai, sulla strada giusta e con una figlia che mi perpetua, ho
chiuso il ciclo. Da questo momento non considererei la mia morte una
frustrazione; ma, come Hikmet: “Porterò nella tomba solo il rimpianto di
un canto incompiuto”.
Vi bacia tutti
Ernesto
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